AVVERTENZE:
Introduzione: il bilanciamento tra trasparenza, diritto di difesa e riservatezza
Contesto giuridico
L'ordinamento giuridico italiano, nel disciplinare l'azione della Pubblica Amministrazione, si fonda su un delicato equilibrio tra principi di rango costituzionale. Da un lato, il principio di trasparenza, corollario dei canoni di imparzialità e buon andamento sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, impone che l'attività amministrativa sia conoscibile e controllabile dai cittadini. Dall'altro, l'ordinamento tutela con pari vigore diritti fondamentali della persona, quali il diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali, riconducibili all'articolo 2 e all'articolo 15 della Costituzione ed il diritto inviolabile alla difesa, garantito dall'articolo 24 della Costituzione.
La questione dell'accesso a esposti, denunce e segnalazioni che pervengono a una Pubblica Amministrazione rappresenta il punto di massima frizione tra tali principi. Un esposto può dare avvio a un procedimento ispettivo, sanzionatorio o di controllo nei confronti di un soggetto (il "segnalato"), il quale, per approntare un'adeguata difesa, ha un interesse qualificato a conoscere l'atto che ha innescato l'azione amministrativa e, in particolare, l'identità del suo autore (il "segnalante"). Al contempo, il segnalante vanta un legittimo interesse a che la propria identità non venga rivelata, sia per tutelare la propria sfera privata, sia per evitare il rischio di ritorsioni, un'esigenza che, se non adeguatamente protetta, potrebbe disincentivare la collaborazione dei cittadini con le istituzioni nel segnalare illeciti.
Evoluzione della problematica
La problematica, inizialmente inquadrata come un semplice conflitto tra il diritto di accesso documentale e il diritto alla privacy, ha subito una profonda evoluzione normativa e giurisprudenziale.
La disciplina generale contenuta nella Legge 7 agosto 1990, n. 241 è stata progressivamente affinata dall'intervento del legislatore in materia di protezione dei dati personali, dapprima con il Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali) e, quindi, con l'applicazione diretta del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR).
Tuttavia, è stata la giurisprudenza amministrativa a svolgere il ruolo più incisivo.
A fronte di orientamenti contrastanti che per anni hanno generato incertezza giuridica, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con una serie di pronunce epocali tra il 2020 e il 2021, ha ridefinito i contorni della materia, superando la logica della prevalenza aprioristica di un interesse sull'altro e introducendo un rigoroso criterio di bilanciamento fondato sulla "stretta indispensabilità" dell'accesso ai fini della difesa.
Da ultimo, l'introduzione di una disciplina organica in materia di whistleblowing con il Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24, ha creato un regime di tutela rafforzata per una specifica categoria di segnalanti, complicando ulteriormente il quadro ed imponendo un'attenta opera di coordinamento sistematico. La presente relazione si propone di analizzare in modo esaustivo tale complessa interazione, offrendo un quadro completo della normativa e della giurisprudenza applicabili.
Capo I: la disciplina generale del diritto di accesso ai documenti amministrativi
Sezione 1.1: principi e finalità della Legge 7 agosto 1990, n. 241
La Legge 7 agosto 1990, n. 241, ha introdotto nell'ordinamento italiano il principio della trasparenza amministrativa, trasformando il rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione da un modello improntato alla segretezza a uno basato sulla conoscibilità dell'azione pubblica.
La finalità di tale riforma è esplicitata all'articolo 22, comma 2, della legge, il quale qualifica l'accesso ai documenti amministrativi come un "principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza".
L'accesso non è, dunque, un fine in sé, ma uno strumento funzionale a garantire che l'operato dei pubblici poteri sia imparziale, efficiente e soggetto al controllo democratico.
Sezione 1.2: l'ambito di applicazione oggettivo e soggettivo
Nozione di "documento amministrativo"
L'ambito di applicazione oggettivo del diritto di accesso è delineato da una nozione volutamente ampia di "documento amministrativo".
Ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera d), della L. 241/1990, per documento amministrativo si intende "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale".
Questa definizione onnicomprensiva fa sì che un esposto, una denuncia o una segnalazione, nel momento in cui pervengono alla Pubblica Amministrazione e sono da questa detenuti per l'espletamento delle proprie funzioni istituzionali, assumano a tutti gli effetti la qualifica di documento amministrativo e, come tali, siano astrattamente accessibili.
La giurisprudenza ha costantemente confermato che la provenienza da un soggetto privato non esclude l'atto dalla nozione di documento amministrativo, purché esso sia utilizzato ai fini dell'attività amministrativa.
Nozione di soggetto “interessato”
Sul piano soggettivo, la legittimazione ad esercitare il diritto di accesso non è riconosciuta a chiunque (actio popularis), ma solo ai soggetti "interessati".
L'articolo 22, comma 1, lettera b), della L. 241/1990 definisce come interessati "tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso".
L'interesse che legittima la richiesta di accesso deve essere qualificato da tre requisiti: 1. Diretto: deve appartenere personalmente al richiedente. 2. Concreto: deve essere collegato a un'esigenza reale e non meramente ipotetica o emulativa. 3. Attuale: deve sussistere al momento della richiesta di accesso.
Il soggetto che sia stato indicato in una segnalazione e che, a seguito di essa, sia coinvolto in un procedimento di controllo o sanzionatorio, è pacificamente titolare di una situazione giuridica tutelata (il proprio diritto di difesa) e di un interesse diretto, concreto e attuale alla conoscenza degli atti che hanno dato origine a tale procedimento, a partire proprio dall'esposto originario.
Sezione 1.3: le esclusioni ed i limiti al diritto di accesso
Il diritto di accesso non è incondizionato.
L'articolo 24 della L. 241/1990 delinea un sistema di esclusioni e limitazioni volto a proteggere interessi pubblici e privati di rango pari o superiore a quello della trasparenza, disponendo quanto segue:
“1. Il diritto di accesso è escluso: a) per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e successive modificazioni, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; b) nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; c) nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione; d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.”
2. Le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all'accesso ai sensi del comma 1.
3. Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni.
4. L'accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.
5. I documenti contenenti informazioni connesse agli interessi di cui al comma 1 sono considerati segreti solo nell'ambito e nei limiti di tale connessione. A tale fine le pubbliche amministrazioni fissano, per ogni categoria di documenti, anche l'eventuale periodo di tempo per il quale essi sono sottratti all'accesso.
6. Con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo può prevedere casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi: a) quando, al di fuori delle ipotesi disciplinate dall'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, dalla loro divulgazione possa derivare una lesione, specifica e individuata, alla sicurezza e alla difesa nazionale, all'esercizio della sovranità nazionale e alla continuità e alla correttezza delle relazioni internazionali, con particolare riferimento alle ipotesi previste dai trattati e dalle relative leggi di attuazione; b) quando l'accesso possa arrecare pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di attuazione della politica monetaria e valutaria; c) quando i documenti riguardino le strutture, i mezzi, le dotazioni, il personale e le azioni strettamente strumentali alla tutela dell'ordine pubblico, alla prevenzione e alla repressione della criminalità con particolare riferimento alle tecniche investigative, alla identità delle fonti di informazione e alla sicurezza dei beni e delle persone coinvolte, all'attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini; d) quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono; e) quando i documenti riguardino l'attività in corso di contrattazione collettiva nazionale di lavoro e gli atti interni connessi all'espletamento del relativo mandato.
7. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”
La norma pone, quindi, una serie di barriere all'accesso, tra cui spiccano il divieto di istanze meramente esplorative (comma 3) e la tutela della riservatezza di terzi (comma 6, lettera b). Tuttavia, il comma 7 introduce una clausola di salvaguardia fondamentale, che costituisce il fulcro della presente analisi: il c.d. “accesso difensivo".
Capo II: l'accesso "difensivo" e il suo rapporto con la normativa privacy
Sezione 2.1: analisi dell'art. 24, comma 7, della Legge 241/1990: la prevalenza dell'interesse difensivo
L'articolo 24, comma 7, della L. 241/1990 configura una forma speciale e rafforzata di accesso, comunemente definita "accesso difensivo".
La sua formulazione imperativa ("Deve comunque essere garantito") segnala l'intenzione del legislatore di attribuire una prevalenza tendenziale all'esigenza di difesa rispetto agli altri interessi, pubblici e privati, che giustificano le esclusioni previste nei commi precedenti. Questa disposizione consente di "perforare" il velo della riservatezza che, in via generale, proteggerebbe l'identità del denunciante.
La ratio è evidente: il diritto di difesa, costituzionalmente garantito, non può essere compresso al punto da impedire a un soggetto di conoscere gli elementi fondamentali che hanno dato origine ad un'azione amministrativa potenzialmente pregiudizievole nei suoi confronti.
Tuttavia, questa prevalenza non è assoluta. L'intero meccanismo è condizionato dal nesso di strumentalità qualificato dal termine "necessaria". L'accesso non è garantito per una mera utilità o per soddisfare una generica curiosità, ma solo quando la conoscenza del documento sia un presupposto indispensabile per l'esercizio del diritto di difesa. Proprio la definizione dei contorni di tale "necessità" è stata per anni al centro del dibattito giurisprudenziale, richiedendo l'intervento nomofilattico dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato per essere risolta.
Sezione 2.2: il coordinamento con la normativa sulla protezione dei dati personali
La richiesta di accesso ad un esposto implica inevitabilmente il trattamento di dati personali, sia del segnalato sia, soprattutto, del segnalante. La disciplina dell'accesso deve quindi essere coordinata con la normativa in materia di protezione dei dati personali, rappresentata dal Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e dal D.Lgs. 196/2003 (Codice Privacy), come novellato dal D.Lgs. 101/2018.
Il Rinvio del Codice Privacy (D.Lgs. 196/2003)
Il punto di raccordo fondamentale tra le due discipline è l'articolo 59 del Codice Privacy, il quale stabilisce una chiara prevalenza della normativa sull'accesso documentale.
La norma, rubricata "Accesso a documenti amministrativi e accesso civico", dispone:"1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l'esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisprudenziale, restano disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati di cui agli articoli 9 e 10 del regolamento e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso".
Questa disposizione chiarisce che, in caso di istanza di accesso documentale, la valutazione circa l'ostensibilità dei dati personali in esso contenuti non deve essere condotta sulla base dei principi generali del GDPR (come il consenso dell'interessato o il legittimo interesse) ma seguendo le specifiche regole procedurali e sostanziali dettate dalla L. 241/1990, e in particolare dal bilanciamento di interessi previsto dal suo articolo 24.
La base giuridica che legittima la Pubblica Amministrazione a comunicare i dati personali del segnalante al segnalato, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera c) del GDPR, è proprio l'adempimento di un obbligo legale cui è soggetto il titolare del trattamento, ossia l'obbligo di provvedere sull'istanza di accesso ai sensi della L. 241/1990.
La Gestione dei dati "particolari" (ex "Sensibili") e "Supersensibili"
Una deroga a questo principio generale è prevista per le categorie più delicate di dati personali.
Lo stesso articolo 24, comma 7, della L. 241/1990, nel garantire l'accesso difensivo, opera un rinvio all'articolo 60 del Codice Privacy per il caso di documenti contenenti dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale (c.d. dati "supersensibili").
L'articolo 60 del Codice Privacy, rubricato "Dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale", stabilisce che:"1. Quando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale o l'orientamento sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.".
Per queste specifiche categorie di dati, il bilanciamento richiesto all'Amministrazione è ancora più rigoroso. Non è sufficiente dimostrare la "necessità" dell'accesso per la difesa, ma occorre anche che l'interesse difensivo sia di "rango almeno pari" a quello della riservatezza dell'interessato. Si tratta di un giudizio di valore comparativo tra diritti fondamentali che impone una cautela estrema.
I Principi del GDPR
Sebbene la procedura di accesso sia regolata dalla L. 241/1990, i principi generali del GDPR (Reg. UE 2016/679) informano l'intera attività della Pubblica Amministrazione.
Principi come la liceità, correttezza e trasparenza (articolo 5, paragrafo 1, lettera a)), la minimizzazione dei dati (articolo 5, paragrafo 1, lettera c)) e l'integrità e riservatezza (articolo 5, paragrafo 1, lettera f)) guidano l'Amministrazione nella gestione della richiesta.
In particolare, il principio di minimizzazione suggerisce che, ove possibile, l'Amministrazione dovrebbe privilegiare forme di accesso parziale, ad esempio mediante l'oscuramento dei dati personali del segnalante, se la conoscenza del solo contenuto dell'esposto è sufficiente a soddisfare le esigenze difensive del richiedente.
Capo III: la sintesi dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Per lungo tempo, la giurisprudenza amministrativa si è divisa sull'interpretazione del nesso di "necessità" richiesto dall'articolo 24, comma 7, dando vita a due orientamenti diametralmente opposti.
Sezione 3.1: il contrasto giurisprudenziale pre-Adunanza Plenaria
Orientamento Favorevole alla Piena Ostensione
Un primo e consolidato orientamento sosteneva la prevalenza quasi assoluta del principio di trasparenza e del diritto di difesa.
Secondo questa tesi, l'ordinamento democratico non tollera l'esistenza di "denunce segrete". Il soggetto che presenta un esposto, attivando un potere che incide sulla sfera giuridica altrui, accetta implicitamente di sottoporsi al contraddittorio e non può invocare un inesistente "diritto all'anonimato". L'esposto, una volta acquisito dall'Amministrazione, diventa un documento amministrativo a tutti gli effetti, e l'interesse del segnalato a conoscerne integralmente il contenuto, inclusa la paternità, è in re ipsa qualificato e meritevole di tutela per approntare una difesa completa.
Questo orientamento è stato espresso in numerose sentenze, tra cui si citano:
• Consiglio di Stato, Sez. V, 19 maggio 2009, n. 3081: ha affermato che colui il quale subisce un procedimento di controllo o ispettivo ha un interesse qualificato a conoscere integralmente tutti i documenti amministrativi utilizzati, a partire dagli atti di iniziativa quali, appunto, denunce o esposti.
• T.A.R. Toscana, Sez. I, 3 luglio 2017, n. 898: ha ribadito l'illegittimità del diniego di accesso a un esposto, sostenendo che la sua divulgazione non è preclusa da esigenze di tutela della riservatezza, in quanto non esistono norme che riconoscano un diritto all'anonimato del dichiarante.
Orientamento a Tutela della Riservatezza
Un secondo orientamento, minoritario ma significativo, propendeva per una maggiore tutela della riservatezza del segnalante.
Questa tesi qualificava l'esposto come un "mero atto di impulso" procedimentale, esterno alla fase istruttoria vera e propria condotta dall'Amministrazione.
La difesa del segnalato, pertanto, dovrebbe concentrarsi sugli atti istruttori e sul provvedimento finale dell'Amministrazione, non sull'atto che ha meramente sollecitato l'avvio del procedimento. Di conseguenza, la conoscenza del nome del denunciante non sarebbe "necessaria" ai fini della difesa, e l'istanza di accesso potrebbe celare intenti ritorsivi o emulativi, non meritevoli di tutela.
L'accesso all'identità del segnalante, secondo questa visione, dovrebbe essere negato per non scoraggiare la collaborazione dei cittadini nel segnalare illeciti. Tra le pronunce significative, segnalo:
• Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 marzo 2021, n. 1779: ha sostenuto che, quando l'accertamento dell'illecito si fonda su autonomi atti ispettivi dell'Amministrazione, l'esposto del privato ha il solo effetto di sollecitare il procedimento, senza acquisire efficacia probatoria, rendendo non necessaria la conoscenza del suo autore.
Sezione 3.2: i principi di diritto dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato
Il perdurante contrasto giurisprudenziale, fonte di grave incertezza applicativa, ha reso necessario l'intervento dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che con le sentenze gemelle n. 19 e n. 20 del 25 settembre 2020 e, successivamente, con la sentenza n. 4 del 18 marzo 2021, ha risolto la questione, enunciando principi di diritto vincolanti per tutta la giustizia amministrativa.
L'Adunanza Plenaria non ha sposato in toto nessuno dei due precedenti orientamenti, ma ha operato una sintesi innovativa, elevando il criterio della "necessità" a fulcro di un rigoroso onere probatorio a carico del richiedente. I principi cardine affermati sono i seguenti:
1. Principio della "Corrispondenza" e "Collegamento": l'istanza di accesso difensivo deve essere sorretta da un interesse giuridico che presenti un nesso di "corrispondenza" e "collegamento" con il documento richiesto. Non è sufficiente una generica e vaga esigenza difensiva.
2. Principio della "Stretta Indispensabilità" (o "Nesso di Strumentalità Necessaria"): questo è il principio centrale. L'accesso è garantito non per una mera utilità, ma solo se la conoscenza del documento è strettamente indispensabile per la cura o la difesa dei propri interessi. L'aggettivo "necessaria" (contenuto nell'art. 24, c. 7) deve essere inteso in senso forte, come sinonimo di "strettamente indispensabile" o "rigorosamente strumentale". L'Amministrazione ha il dovere di verificare in concreto la sussistenza di tale nesso di stretta indispensabilità.
3. Onere della Prova a Carico del Richiedente: spetta al richiedente l'accesso l'onere di dimostrare la sussistenza di tale nesso di strumentalità necessaria. L'Adunanza Plenaria ha statuito che l'istante deve "prospettare in modo puntuale e specifico le ragioni che sorreggono la richiesta" e "comprovare l'utilità della documentazione richiesta per la difesa della propria posizione giuridica". Non è ammessa una motivazione generica o perplessa.
4. Giudizio di Bilanciamento Ponderato e Concreto: la Pubblica Amministrazione, ricevuta l'istanza, deve effettuare un bilanciamento in concreto tra l'interesse alla difesa del richiedente e l'interesse alla riservatezza del segnalante. Tale valutazione non può essere astratta, ma deve basarsi sugli elementi specifici forniti dall'istante. L'esito non è predeterminato: l'accesso può essere concesso (se la necessità è provata) o negato (se non lo è).
In sostanza, l'Adunanza Plenaria ha "procedimentalizzato" il giudizio di bilanciamento. Ha trasformato l'accesso difensivo da un diritto quasi automatico, come sostenuto dal primo orientamento, ad un diritto il cui esercizio è subordinato al superamento di un rigoroso vaglio di ammissibilità fondato su un onere probatorio specifico. La difesa del segnalato si dirige primariamente contro gli atti dell'Amministrazione; la conoscenza del nome del segnalante è ammessa solo in via eccezionale, quando si dimostri che tale conoscenza è l'unico modo per introdurre nel procedimento elementi essenziali per la propria difesa (ad esempio, per dimostrare la mala fede, l'inimicizia personale o un conflitto di interessi del denunciante, vizi che potrebbero inficiare la credibilità della segnalazione stessa).
Capo IV: la disciplina speciale del whistleblowing ed il suo coordinamento con la Legge 241/1990
Il quadro normativo si è ulteriormente arricchito con l'introduzione del Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24, che ha dato attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1937 in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione (c.d. whistleblowing).
Sezione 4.1: ambito di applicazione e finalità del Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24
Il D.Lgs. 24/2023 ha lo scopo di istituire un sistema di protezione rafforzata per i soggetti (i whistleblower) che, in un contesto lavorativo pubblico o privato, segnalano illeciti di cui sono venuti a conoscenza. L'obiettivo è incoraggiare l'emersione di condotte lesive dell'interesse pubblico o dell'integrità dell'ente, garantendo al segnalante una tutela contro possibili ritorsioni.
Sezione 4.2: l'obbligo di riservatezza sull'identità del (Art. 12, D.Lgs. 24/2023)
Il cuore della tutela offerta dal decreto è l'articolo 12, che impone un rigoroso obbligo di riservatezza.
In particolare, il comma 1 stabilisce che "L'identità della persona segnalante e qualsiasi altra informazione da cui può evincersi, direttamente o indirettamente, tale identità non possono essere rivelate, senza il consenso espresso della stessa persona segnalante, a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni, espressamente autorizzate a trattare tali dati ai sensi degli articoli 29 e 32, paragrafo 4, del regolamento (UE) 2016/679 e dell'articolo 2-quaterdecies del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.”
La norma prosegue prevedendo che, nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante possa essere rivelata solo se la contestazione si fonda, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità sia "indispensabile" per la difesa dell'incolpato. Questa previsione, sebbene limitata al contesto disciplinare, riecheggia il criterio della "stretta indispensabilità" elaborato dall'Adunanza Plenaria, ma lo inserisce in un contesto normativo di tutela rafforzata.
Sezione 4.3: analisi del rapporto tra “lex specialis” e “lex generalis”
Il D.Lgs. 24/2023 si configura come lex specialis rispetto alla disciplina generale dell'accesso contenuta nella L. 241/1990.
In base al principio lex specialis derogat legi generali, le disposizioni del decreto sul whistleblowing prevalgono su quelle generali in materia di accesso per le sole segnalazioni che rientrano nel suo specifico ambito di applicazione.
Questo crea di fatto un sistema a doppio binario per la tutela della riservatezza del denunciante:
1. Segnalazioni "comuni": rientrano nell'alveo della L. 241/1990 e sono soggette al bilanciamento di interessi delineato dall'Adunanza Plenaria. L'accesso all'identità del segnalante è possibile, ma solo a seguito di una rigorosa prova della "stretta indispensabilità" per la difesa.
2. Segnalazioni "qualificate" (Whistleblowing): rientrano nel D.Lgs. 24/2023. Per queste, vige un regime di riservatezza rafforzato, quasi assoluto. L'accesso all'identità del segnalante è precluso, salvo il consenso dell'interessato o il caso eccezionale e normativamente previsto dell'indispensabilità per la difesa in un procedimento disciplinare.
La conseguenza pratica è di fondamentale importanza: di fronte a un'istanza di accesso ad un esposto, la prima operazione che la Pubblica Amministrazione deve compiere è la qualificazione giuridica della segnalazione. Se si tratta di una segnalazione whistleblowing, l'Amministrazione dovrà applicare il regime di tutela speciale del D.Lgs. 24/2023, che rende l'accesso all'identità del segnalante ancora più difficile rispetto a quanto già stabilito, in via generale, dall'Adunanza Plenaria.
Capo V: sintesi operativa e conclusioni
Sezione 5.1: quadro riepilogativo dei principi vigenti
L'analisi condotta ha evidenziato la coesistenza di regimi giuridici diversi, la cui applicazione dipende dalla natura della segnalazione e dalle finalità dell'istanza di accesso.
Lo schema seguente riassume i principi chiave.
| Caratteristica | Accesso Documentale | Accesso Difensivo | Segnalazione Whistleblowing |
| Fondamento Normativo | Artt. 22 e ss., L. 241/1990 | Art. 24, comma 7, L. 241/1990 | D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24 |
| Legittimazione Attiva | Chiunque abbia un interesse diretto, concreto e attuale. | Soggetto che deve curare o difendere un proprio interesse giuridico | Non disciplina l'accesso, ma la tutela del segnalante. L'accesso è regolato dalla L. 241/90 ma con limiti rafforzati. |
| Interesse Richiesto | Corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata | Necessità di utilizzare il documento per la difesa in un giudizio (attuale o potenziale) o in un procedimento | La segnalazione deve riguardare violazioni del diritto UE o nazionale in un contesto lavorativo |
| Onere della Prova | Dimostrare la titolarità di un interesse qualificato | Dimostrare la stretta indispensabilità del documento (inclusa l'identità del segnalante) per la difesa (onere aggravato) | L'onere della prova per superare la riservatezza è eccezionalmente elevato e limitato a casi specifici (es. difesa in sede disciplinare) |
| Standard di Riservatezza | La riservatezza è un interesse recessivo rispetto all'accesso, salvo bilanciamento | La riservatezza del denunciante è tutelata, ma può essere superata se l'istante assolve l'onere della prova sulla necessità difensiva | Riservatezza rafforzata e presunta. L'identità del segnalante è protetta come regola generale. |
| Prevalenza in Conflitto | L'accesso prevale, salvo limiti di legge (art. 24) | Il diritto di difesa prevale sulla riservatezza solo se la sua necessità è rigorosamente provata | La tutela della riservatezza del whistleblower prevale sul diritto di accesso, salvo eccezioni tassative |
Sezione 5.2: linee guida per la Pubblica Amministrazione
Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale, una Pubblica Amministrazione che riceve un'istanza di accesso a un esposto o denuncia dovrebbe seguire i seguenti passaggi procedurali:
1. Qualificazione della Segnalazione: verificare se la segnalazione rientri nell'ambito di applicazione del D.Lgs. 24/2023 (whistleblowing) o se sia una segnalazione "comune". Questo è il passaggio preliminare e dirimente.
2. Verifica della Legittimazione e dell'Interesse del Richiedente: accertare che l'istante sia titolare di un interesse diretto, concreto e attuale, come richiesto dall'art. 22 della L. 241/1990.
3. Analisi della Motivazione dell'Istanza (Vaglio di "Stretta Indispensabilità"): se l'accesso è richiesto per finalità difensive, esaminare con rigore la motivazione fornita. L'istante ha specificato quale diritto deve difendere? Ha spiegato perché la conoscenza dell'identità del segnalante è indispensabile a tal fine? Una motivazione generica deve condurre al rigetto.
4. Comunicazione ai Controinteressati: dare comunicazione dell'istanza di accesso al segnalante (controinteressato), ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 184/2006, per consentirgli di presentare una motivata opposizione.
5. Esecuzione del Bilanciamento Ponderato: valutare in concreto le ragioni difensive addotte dall'istante e le ragioni di riservatezza opposte dal segnalante, tenendo conto della natura dei dati coinvolti (comuni, particolari, supersensibili).
6. Valutazione di Soluzioni Intermedie: prima di negare o concedere integralmente l'accesso, valutare la possibilità di un'ostensione parziale, rilasciando copia dell'esposto con l'oscuramento dei dati identificativi del segnalante e di eventuali altri terzi non pertinenti. Questa soluzione spesso rappresenta il punto di equilibrio più corretto tra le opposte esigenze.
7. Adozione di un Provvedimento Espresso e Motivato: concludere il procedimento con un provvedimento che dia conto in modo analitico dell'istruttoria svolta, delle ragioni valutate e del bilanciamento effettuato, sia in caso di accoglimento che di diniego.
Sezione 5.3: indicazioni pratiche per l'istante
Il soggetto che intende esercitare l'accesso difensivo a un esposto deve redigere un'istanza particolarmente accurata, consapevole del rigoroso onere probatorio che grava su di lui.
L'istanza dovrebbe:
1. Identificare Chiaramente la Situazione Giuridica da Tutelare: specificare il procedimento amministrativo o il potenziale giudizio per il quale si agisce.
2. Articolare le Esigenze Difensive: non limitarsi a dichiarare di "doversi difendere", ma spiegare in modo dettagliato quali specifiche argomentazioni difensive si intendono sviluppare.
3. Dimostrare il Nesso di "Stretta Indispensabilità": spiegare perché la conoscenza del contenuto dell'esposto e, soprattutto, dell'identità del suo autore è un elemento imprescindibile per la strategia difensiva. Ad esempio, si potrebbe argomentare che conoscere il segnalante è necessario per eccepire un suo conflitto di interessi, una sua inimicizia personale, o per dimostrare la sua totale inattendibilità, vizi che, se provati, potrebbero minare la legittimità dell'intero procedimento avviato dall'Amministrazione.
4. Allegare Documentazione a Supporto: se possibile, fornire elementi a sostegno delle proprie affermazioni (es. prove di pregressi dissidi con il presunto segnalante).
In conclusione
il diritto di accesso a esposti e denunce si configura oggi come un istituto complesso, la cui applicazione richiede un'attenta ponderazione di interessi fondamentali. La giurisprudenza dell'Adunanza Plenaria e la nuova normativa sul whistleblowing hanno tracciato un percorso chiaro: la trasparenza non può essere assoluta, né la riservatezza un pretesto per l'opacità. La soluzione risiede in un bilanciamento rigoroso, concreto e motivato, che affida alla Pubblica Amministrazione un ruolo di grande responsabilità e al cittadino un onere di specificità e concretezza nell'affermazione dei propri diritti.